È ammissibile il ricorso avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza presentata dagli assegnatari con diritto di superficie di alloggi economici e popolari affinché il Comune, a seguito dell'annullamento giurisdizionale degli atti espropriativi, adotti un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis d.P.R. n. 327 del 2001.

E’ necessaria e sufficiente la sussistenza di un interesse, ovviamente giuridicamente rilevante, concreto ed attuale, per esser legittimati a proporre il ricorso contro il silenzio-inadempimento ex artt. 31 e 117 c.p.a., non essendo richiesto che l’interesse sia presidiato da una posizione giuridica di interesse legittimo fondata espressamente dalla norma attributiva del potere.
E ciò si spiega con il fatto che, nell’azione sul silenzio, ad essere in discussione non è (o non è solo) il bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, ma ancor più a monte, il fondamentale principio di doverosità dell’azione amministrativa che, seppur non può essere fatto valere dal quisque de populo nell’interesse oggettivo dell’ordinamento, è tuttavia suscettibile di accertamento ad iniziativa di chiunque possa ritrarre dal giudizio una concreta ed apprezzabile utilità.

Il Consiglio di Stato ribalta le conclusioni della sentenza di primo grado. Il T.A.R., infatti, aveva dichiarato inammissibile il ricorso per mancanza in capo ai ricorrenti di una posizione legittimante. Secondo il T.A.R., infatti, la relazione di immediata inerenza con l'esercizio del potere amministrativo di cui all'art. 42-bis del d.p.r. n. 327 del 2001 "pertiene da un lato alla proprietaria dell'area illegittimamente espropriata, la quale ambisce a recuperare il godimento del bene che le è stato sottratto"; "dall'altro al soggetto beneficiario, titolare di un interesse specularmente opposto". Il successivo acquisto concluso dai ricorrenti sulla base di contratti di compravendita rappresenta, invece, "una circostanza estranea al rapporto di diritto pubblico intercorrente tra l'Amministrazione, la proprietaria dei beni titolare di interesse legittimo oppositivo, il quale ha già trovato tutela attraverso le richiamate sentenze di questo TAR e del Giudice dell'appello e soggetto espropriatario l' I.A.C.P. s.c.a.r.l., titolare di interesse legittimo pretensivo".
Il Consiglio di Stato, invece, accoglie l'appello evidenziando, in primo luogo, che la p.A. ha l'obbligo giuridico di far venir meno — in ogni caso — l'occupazione "sine titulo". (Corte Cost., 30 aprile 2015 n. 71), (di recente v. anche Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2015 n. 2126) .
Quanto alla legittimazione soggettiva dei ricorrenti, il Collegio afferma che questi ultimi hanno "un interesse concreto al definitivo consolidamento della loro posizione proprietaria — che assumono inefficace a cagione del venir meno dell'originario titolo espropriativo — realizzabile attraverso l'emanazione del provvedimento di cui all'art. 42-bis o comunque attraverso una definitiva decisione dell'Amministrazione idonea ad evitare loro pregiudizio".

Consiglio di Stato, sez. IV 26/08/2015 n. 4014

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1073 del 2015, proposto da:
Ed. Fi., An. Pe., Vi. Va., Al. De Si., Vi. Av., Ca. Ab., Fr. Ro., Em.
Ci., So. Ar., Ro. Gi., Fr. Ve., Vi. Va., Lu. Am., Ra. Fu., Vi. Pa.,
Ga. Eredi Ce., Ad. Ca., An. Ba., Ge. Ro., Fr. Gr., Ma. Pr., Ge. Gi.,
Ro. Ve., Cl. Al., Al. Bu., Fi. Pa., Ma. Cr. Fu., tutti rappresentati
e difesi dagli avv. Antonio Rizzo, Enza Maria Accarino, Gaetano Di
Giacomo, con domicilio eletto presso Gaetano Di Giacomo in Roma, Via
Cicerone 49;
contro
Comune di Battipaglia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e
difeso dall'avv. Giuseppe Lullo, con domicilio eletto presso Cons. Di
Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;
Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Salerno, Curatela
Fallimento Società Iacp Futura Società Consortile Arl, non costituiti
in giudizio.
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO:
SEZIONE I n. 02096/2014, resa tra le parti, concernente silenzio
serbato dall'amministrazione sulla diffida relativa all'acquisizione
al patrimonio comunale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Battipaglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 il Cons.
Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Antonio Rizzo e
Giuseppe Lullo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 


FATTO e DIRITTO
Con delibera n. 61/1998, il Consiglio comunale di Battipaglia approvava un progetto di edilizia residenziale pubblica localizzato sul terreno di proprietà della sig.ra Enrica Campione, in località S. Anna del comune di Battipaglia.
Successivamente, lo stesso Comune emanava i decreti di autorizzazione alla occupazione e di esproprio (n. 3143/2002), e concedeva all'I.A.C.P. Salerno, giusta apposita convenzione, il diritto di superficie ad aedificandum sull'area. L'I.A.C.P. provvedeva poi all'attuazione del programma attraverso la I.A.C.P. Futura s.c.a.r.l., che subentrava nella convenzione.
Tutti gli atti della predetta procedura erano impugnati dalla sig.ra Campione.
Nelle more della definizione del giudizio amministrativo, su tali suoli la I.A.C.P. Futura realizzava l'intervento costruttivo programmato, giusta c.e. nn. 169/1998 e 95/2001. La proprietà superficiaria veniva poi trasferita, con diversi atti di compravendita agli odierni appellanti.
Gli atti della procedura venivano infine annullati dal TAR Salerno con sentenza n. 86/2005, confermata dal Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza n. 3085/2012.


In conseguenza del richiamato annullamento giudiziale, i superficiari, supponendo la perdita di efficacia, in via derivata, degli atti di compravendita stipulati, diffidavano il Comune di Battipaglia ad emettere provvedimento di acquisizione sanante. In mancanza di riscontro adivano il TAR per "l'accertamento e la declaratoria dell'illegittimità del silenzio-rifiuto serbato dal comune di Battipaglia sull'atto di invito e diffida stragiudiziale notificato il 26.02.2014" nonché per "la declaratoria del correlativo obbligo della P.A. di provvedere con l'emanazione di definitivo atto", atteso che "affinché possa perfezionarsi il trasferimento della proprietà del fondo occupato, su cui è stato realizzato l'intervento costruttivo di pubblica utilità e che costituisce la sola condizione legittimante la mancata restituzione al proprietario, è necessario che il comune di Battipaglia, responsabile per l'illecito in atto, si avvalga dell'art. 42-bis del DPR n. 327/2001, fatto sempre salvo il ricorso a strumenti di natura privatistica, come la stipula di un contratto di acquisto avente anche funzione transattiva".
Il TAR, definitivamente decidendo, dichiarava la pretesa inammissibile per mancanza in capo ai ricorrenti di una posizione legittimante. Osservava che la relazione di immediata inerenza con l'esercizio del potere amministrativo di cui all'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 "pertiene da un lato alla proprietaria dell'area (illegittimamente) espropriata, la quale ambisce a recuperare il godimento del bene che le è stato sottratto e che può tuttavia soccombere di fronte a interessi pubblici puntualmente valutati e resi evidenti nella motivazione del nuovo atto, dall'altro al soggetto beneficiario, titolare di un interesse specularmente opposto". Precisava che il successivo acquisto sulla base di contratti di compravendita rappresenta invece "una circostanza estranea al rapporto di diritto pubblico intercorrente tra l'Amministrazione, la proprietaria dei beni (titolare di interesse legittimo oppositivo, il quale ha già trovato tutela attraverso le richiamate sentenze di questo TAR e del Giudice dell'appello) e soggetto espropriatario (l'I.A.C.P. s.c.a.r.l., titolare di interesse legittimo pretensivo); "una circostanza, cioè, che appartiene al contenuto contrattuale, liberamente definito in esercizio di autonomia negoziale privata, ma che non è idonea a far sorgere alcun rapporto con la Pubblica Amministrazione", e tanto meno un obbligo di provvedere in capo ad essa.
Avverso la sentenza propongono ora appello i superficiari. Deducono: l'amministrazione aveva già avviato d'ufficio il procedimento di cui all'art. 42 bis, ma non l'ha mai concluso. Gli acquirenti degli immobili non sarebbero - come erroneamente affermato dal TAR - soggetti estranei al rapporto privi di una posizione giuridica differenziata, ma al contrario, gli unici soggetti effettivamente pregiudicati dall'annullamento dell'originario titolo espropriativo. Del resto l'art. 31 c.p.a., che disciplina l'azione sul silenzio, conferirebbe legittimazione a "chiunque" vi abbia interesse, ossia a chiunque possa trarre concreta utilità dall'azione.
Il Comune di Battipaglia si è costituito in giudizio. Assume di non disporre di somme sufficienti per l'emanazione del provvedimento di acquisizione sanante, e di avere, proprio in ragione di tale circostanza, cercato un bonario componimento con l'espropriata. In relazione ai motivi d'appello, replica difendendo le statuizioni di prime cure in punto di legittimazione a ricorrere.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 5 maggio 2015.
L'appello è fondato.
In primis giova richiamare l'orientamento della Sezione secondo il quale, nell'attuale quadro normativo, vigente l'art. 42-bis, le Amministrazioni hanno l'obbligo giuridico di far venir meno - in ogni caso - l'occupazione "sine titulo" e, quindi, di adeguare comunque la situazione di fatto a quella di diritto" (Cons. di Stato, sez. IV, n. 1713/2013, n. 2126/2015)
Dunque, sussistendo in astratto un obbligo di provvedere, l'azione per silentium è validamente esperibile.
Quanto alla legittimazione soggettiva, non può che richiamarsi il disposto di cui all'art. 31 cpa: "decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere".
È dunque necessaria e sufficiente la sussistenza di un interesse, ovviamente giuridicamente rilevante, concreto ed attuale, per poter proporre l'azione, non essendo richiesto che l'interesse sia presidiato da una posizione giuridica di interesse legittimo fondata espressamente dalla norma attributiva del potere. E ciò si spiega con il fatto che, nell'azione sul silenzio, ad essere in discussione non è (o non è solo) il bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, ma ancor più a monte, il fondamentale principio di doverosità dell'azione amministrativa che, seppur non può essere fatto valere dal quisque de populo nell'interesse oggettivo dell'ordinamento, è tuttavia suscettibile di accertamento ad iniziativa di chiunque possa ritrarre dal giudizio una concreta ed apprezzabile utilità.
Nel caso di specie, non v'è dubbio che gli appellanti abbiano un interesse concreto al definitivo consolidamento della loro posizione proprietaria - che assumono inefficace a cagione del venir meno dell'originario titolo espropriativo - realizzabile attraverso l'emanazione del provvedimento di cui all'art. 42 bis o comunque attraverso una definitiva decisione dell'amministrazione idonea ad evitare loro pregiudizio.
L'azione proposta è dunque ammissibile.
Come anticipato, è anche fondata in relazione alla sussistenza di un obbligo generico di provvedere.
L'accertamento giudiziale non può tuttavia spingersi oltre la generica fissazione di un termine, essendo i contenuti delle residue determinazioni connotate da ampia ed eccezionale discrezionalità dell'amministrazione, secondo la ratio ordinamentale di recente chiarita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 71/2015.
L'appello è pertanto accolto, e per l'effetto, è assegnato all'amministrazione, anche in considerazione delle oggettive difficoltà rappresentate, termine massimo di nove mesi per provvedere.
Le spese del doppio grado seguono solo in parte la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Per il resto appare equo compensarle, avuto riguardo alla novità e peculiarità della questione.


P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie. Per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, condanna l'amministrazione a provvedere, secondo quanto meglio specificato in premessa, entro e non oltre mesi nove dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
Condanna l'amministrazione a rifondere parzialmente le spese sostenute per il doppio grado di giudizio dagli appellanti, in misura di €. 2.000, oltre oneri di legge. Le compensa per il resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Goffredo Zaccardi, Presidente
Raffaele Potenza, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 26 AGO. 2015.

 

 

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